Il calcio dilettantistico rischia di scomparire

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Photo by planet_fox, free to use (Pixabay)


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Quando parliamo di calcio, la nostra mente viene quasi automaticamente portata a pensare ad un mondo costellato dal lusso e dalla ricchezza, nel quale sfrecciano le milleuna Ferrari di Cristiano Ronaldo e i social network più in voga vengono invasi da foto di sfarzose vacanze a Dubai, scattate dai protagonisti del pallone, magari nell'atto di trangugiare una cena faraonica nel ristorante di un hotel a sette stelle.

Ci appaiono immagini di società professionistiche, pronte a staccare assegni multimilionari, pur di accaparrarsi l'ultimo astro nascente che riempie le cronache dei giornali, in barba a conti in rosso, accordi per mantenere il bilancio in pareggio e prezzi dei biglietti, aumentati fino all'inverosimile con buona pace dei tifosi per finanziare il colpo da copertina dell'ultima campagna acquisti.

Niente di sbagliato, in fondo, dato che per alcuni calciatori, quelli più rinomati e in grado di costruire un impero con la propria immagine ancor prima che con l'abilità sportiva, tutto ciò corrisponde spesso alla realtà, e che di club dal comportamento finanziario piuttosto scellerato si potrebbe trarre una lista lunga come gli Champs-Élysées di Parigi (ogni riferimento alla capitale francese non è puramente casuale).

Tuttavia, nel grande universo del pallone, esiste un mondo sommerso, molto meno abituato alle luci dei riflettori, ma decisamente più avvezzo alla lotta per far quadrare i conti a fine mese: quello dilettantistico. Qui, gli sponsor che appaiono sulle magliette delle squadre (per quelle poche che hanno la fortuna di possederne uno) non coincidono con i nomi delle grandi multinazionali, ma con quello della piccola bottega di paese e i calciatori, quelli considerati di maggior talento, al massimo vengono ricompensati con un generoso rimborso spese.

A volte è possibile scorgere, sui campetti di provincia o nei piccoli stadi delle località più grandi, qualche faccia nota anche al grande pubblico, che notando la gamba rispondere molto meno prontamente di un tempo, ha deciso di trascorrere gli ultimi anni della carriera mettendo la propria esperienza al servizio dei compagni, ma per lo più i volti sono quelli dei ragazzi che abitano le nostre strade e che durante la settimana ci riparano la macchina, consegnano la posta o magari vendono il pane nel negozio di famiglia.

Il calcio, a questi livelli, è poco più di un hobby, e praticamente per quasi nessuno dei protagonisti può bastare da solo a sbarcare il lunario. Ciò non toglie che tra gli sfidanti della domenica non sia possibile trovare qualche futuro predestinato: Pietro Anastasi, Moreno Torricelli, Manuel Lazzari, Christian Riganò e persino l'uomo che ha regalato all'Italia il successo nel mondiale 2006 realizzando il rigore decisivo, Fabio Grosso, sono alcuni dei protagonisti del calcio nostrano che hanno cominciato la propria carriera senza troppe aspettative, partendo dai dilettanti.

Un mondo oltremodo importante per tutto il movimento, se si considerano i numeri ad esso relativi: quasi dodicimila club, oltre un milione di tesserati, includendo nel computo anche i settori giovanili e circa mezzo milione di partite disputate all'anno. Ad ogni stagione, qualche centinaio di calciatori riesce a compiere il salto tra dilettanti e professionisti o semi-professionisti, rimarcando il ruolo fondamentale del settore per i giovani ragazzi e per le categorie superiori.

Eppure, proprio questo bacino di utenza necessario a mantenere in vita i piani più alti della piramide, rischia oggi drammaticamente di venire in buona parte cancellato. Due anni di quasi totale paralisi dei tornei regionali, dovuto alle decisioni della politica relative alla situazione sanitaria, oltre all'inaspettato e drammatico aumento del costo delle utenze fatto registrare nell'ultimo periodo, stanno mettendo definitivamente in ginocchio l'intero mondo meno conosciuto del calcio italiano.

Bontà sua, di questa situazione se ne è accorto anche il presidente federale, Gabriele Gravina, che in una lettera indirizzata al governo, nella persona del Ministro dell'Economia, Daniele Franco, ha chiesto al governo di intervenire prontamente, mettendo in campo una serie di aiuti economici indirizzati alle società dilettantistiche.

Tralasciando il fatto che dette situazioni di difficoltà appaiono ad oggi comuni anche a numerose famiglie, e che eventuali interventi governativi andrebbero canalizzati dapprima in questa direzione, l'intervento di Gravina potrebbe anche sembrare lodevole, simile a quello del buon padre di famiglia preoccupato per l'avvenire incerto dei propri figli.

Occorrerebbe tuttavia domandarsi quali provvedimenti abbia preso la FIGC negli ultimi anni a sostegno del calcio dilettantistico, sentendosi pronti ad ascoltare una risposta poco gradita. In un sistema che vede girare centinaia di milioni di euro, tra sponsorizzazioni e ricavi da diritti TV, basterebbe anche solo redistribuire una piccola percentuale dei proventi verso le serie inferiori, considerandole finalmente un importante bacino di sviluppo e non solo il luogo dove far tirare quattro calci al pallone ai ragazzi dopo la scuola, per migliorare di molto la situazione e far prendere fiato alle società più piccole.

Un sistema che dipende dagli aiuti esterni non può, per forza di cose, essere ritenuto affidabile, ma convincere della bontà di una mossa solidale i grandi club potrebbe rivelarsi più difficile che veder vincere la Champions League alla Caratese. O magari, per tutta risposta, qualcuno tra i dilettanti dirà alla Juventus, ed in fondo è la stessa cosa, trattandosi di due anime dello stesso pallone. Ma chissà quando lo si capirà.

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7 comments
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Grazie per il tuo supporto nel mio ultimo post, spero ti sia divertito tanto quanto me ah ah ah ah VALENTINA sa che la rispetto volevo solo farla sorridere e lei mi ha cacciato di casa ah ah ah ah
Un abbraccio

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I tuoi post sono sempre molto divertenti amico 😉

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