Scuse, alibi e recriminazioni: la Serie A entra nel periodo decisivo

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Photo by geralt, free to use (Pixabay)


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Da quali segnali è possibile riconoscere il momento in cui il nostro campionato entra nel vivo? Dal numero di lamentele, proteste, alibi, che i vari protagonisti della Serie A cominciano a snocciolare in occasione di risultati negativi: più' l'intensità (e spesso anche l'assurdità) delle rimostranze si accentua, più significa che i punti in palio stanno diventando "pesanti" e che lo spazio per rimediare ad eventuali battute d'arresto si assottiglia.

Alcuni protagonisti del mondo del pallone tricolore si rivelano particolarmente avvezzi a questi comportamenti, stupendo in ogni circostanza per la fantasiosità delle proprie giustificazioni. La cintura nera nell'arte delle lamentele non può che essere riconosciuta all'attuale allenatore della Roma, José Mourinho, che a dispetto del soprannome di Special one, sta andando incontro ad un'ultima parte di carriera piuttosto povera di risultati.

La sua squadra, impegnata ieri pomeriggio sul terreno di casa dello Stadio Olimpico, non è andata oltre ad un pareggio a reti bianche contro il Genoa, penultimo in classifica, ma galvanizzato quanto meno nella grinta e nella voglia di combattere dalla cura Blessin. Al novantesimo minuto, una rete di Nicolò Zaniolo è stata annullata dal VAR per un precedente fallo di Abraham, e le proteste esagerate del giovane attaccante azzurro hanno spinto l'arbitro Abisso ad espellerlo dal campo.

Il fallo che ha portato all'annullamento del vantaggio giallorosso è sembrato piuttosto evidente e non avendo troppo a cui attaccarsi, il tecnico portoghese, al fine di spostare l'attenzione, come da copione, dalla scialba prestazione dei suoi, ha sottolineato l'eccessiva severità dell'arbitro nei confronti dello stesso Zaniolo: per Mourinho, se l'attaccante azzurro avesse giocato per una delle grandi squadre del nord, non avrebbe ricevuto lo stesso trattamento severo riservatogli in quanto membro della Roma, definita, non si sa bene perché, squadra invisa ai soliti "poteri forti".

Insomma, la solita demagogia pallonara già trita e ritrita, buona unicamente ad ipnotizzare i tifosi della Lupa per un'altra settimana e per fargli chiudere gli occhi sui reali problemi della squadra, che cominciano evidentemente dalla scarsa capacità dell'ex tecnico dell'Inter a trovare soluzioni nelle partite ingarbugliate. Nessuno conosce le reali parole pronunciate da Zaniolo all'arbitro, né la loro effettiva gravità, ma il cartellino rosso giunto in pieno tempo di recupero non può, in ogni caso, aver inciso più di tanto sull'esito della partita.

Spostandosi dalla capitale politica della nostra Penisola, a quella economica, passiamo ad occuparci del derby scudetto Inter-Milan, vinto dai rossoneri in rimonta per due a uno. I campioni d'Italia, dopo un buon primo tempo, hanno pagato eccessivamente il calo fisico mostrato nella ripresa, divenuto ormai una costante dell'ultimo mese nerazzurro.

Il marchio di fabbrica di Simone Inzaghi, che nelle annate precedenti alla Lazio aveva sovente contrapposto seconde parti di stagione sotto tono a gironi d'andata giocati a mille, sembra si stia riproponendo anche all'ombra della Madunina. I campioni d'Italia nell'ultimo mese sono apparsi meno brillanti e molte vittorie giunte in maniera insperata agli ultimi secondi: dal tecnico emiliano tuttavia nessuna autocritica, nemmeno dopo la sconfitta di ieri, ma un deciso rimpallo di responsabilità verso fattori esterni.

La colpa della debacle di ieri pomeriggio non è così assegnata alle papere di Handanovic e De Vrij o al fatto che il Milan abbia affrontato la ripresa con molta più benzina nelle gambe, ma ad un presunto fallo a centrocampo non fischiato nell'occasione del goal del pareggio rossonero, reo di aver innervosito la squadra, e alla stanchezza dei calciatori nerazzurri impegnati con le rispettive nazionali (tre, di cui solo uno, Lautaro Martinez, titolare dal primo minuto ieri).

"Chi ha bisogno di Dusan Vlahovic?" è invece la domanda posta su striscione esposto da un gruppo di tifosi viola allo stadio Artemio Franchi ieri sera, in occasione dalla partita con la Lazio, alla quale i media hanno assegnato enorme risalto. A giudicare dall'andamento della partita, vinta per 3-0 dalla Lazio, e dalla prestazione di Cabral, sostituto della punta serba, la risposta appare piuttosto evidente.

La Fiorentina ha provato a tenere le spalle larghe dopo la cessione del suo ex numero nove alla Juventus, vendendo ai tifosi l'ennesimo ridimensionamento della propria storia come l'esatto contrario, ma la negatività scaturita dalle ultime operazioni è stata evidentemente avvertita da tutto il gruppo. Come effetto secondario la squadra è apparsa smarrita e insicura, capace di regalare una sferzata di energia persino nella Lazio, descritta come una polveriera sul punto di scoppiare dopo l'ultimo fallimentare mercato.

Il campionato si è riaperto e da qui alla fine mancano ancora diversi big match: la sensazione è che ne vedremo e ne sentiremo ancora delle belle.

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