26 agosto 2020: il giorno in cui la NBA si fermò e Black Lives Matter iniziò la sua corsa verso la vittoria

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(Edited)

La scorsa notte si sarebbero dovute giocare 3 partite dei playoff NBA.
Dei Playoff anomali che a causa dell'emergenza covid, si stavano giocando nella cosiddetta "Bubble", ad Orlando.
Le squadre qualificate ai playoff sono state isolate dal mondo esterno. Giocatori, staff e ogni singolo componente dei team, sottoposti a continui controlli medici.
In questo clima surreale, come una spada di Damocle, è piombata la questione razziale.
Il brutale assassinio di George Floyd ha scatenato proteste in tutta America, proteste che, grazie al movimento Black Lives Matter, hanno valicato i confini statunitensi.
La NBA ha subito manifestato orgogliosamente a favore del movimento, chiedendo a gran voce un cambiamento immediato.
Come messaggio ulteriore, i giocatori hanno indossato delle canotte senza il proprio nome ma con dei messaggi antirazziali.
Una forte presa di coscienza, avvenuta grazie alla spinta di alcuni leader come Lebron James.
I giocatori si sono inchinati all'inizio delle partite e unanimi sono stati i cori di sdegno verso quanto stesse succedendo.
Una protesta forte e senza precedenti.
Nulla, però, in confronto a quanto accaduto poche ore fa.
In seguito agli eventi drammatici avvenuti in Wisconsin, agli ennesimi soprusi ai danni della comunità afroamericana da parte della polizia, la NBA ha reagito come mai nessun altra associazione sportiva aveva fatto nella storia.
I Milwaukee Bucks, favoriti al titolo e ad un passo dalle semifinali, hanno deciso di restare negli spogliatoi e di non disputare gara 5 dei quarti di finale contro gli Orlando Magic.
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Questi ultimi sono scesi in campo per pochi minuti prima di ritirarsi ed aderire al boicottaggio lanciato dalla squadra del fenomeno Giannis Antetokoumpo, MVP e miglior difensore dell'anno.
Gli Orlando Magic hanno poi rifiutato la vittoria a tavolino, aderendo completamente alla protesta.
Poche ore dopo si sarebbero dovute disputare altre 2 importantissime partite.
Entrambe sono state annullate, sospese, decretando di fatto il primo boicottaggio nella storia della NBA, e dello sport statunitense.
Un boicottaggio nato per motivi civili e sociali e non per questioni economiche.
La più ricca competizione sportiva al mondo, che genera profitti per centinaia di miliardi di dollari, ha chiuso, ha sospeso il suo evento più atteso, più seguito, più pagato, sotto la forza di giocatori carismatici che hanno detto basta.
Basta alle solite proteste silenziose e placide che nessun cambiamento avevano prodotto sin qui.
Questa volta serviva un segnale più forte, clamoroso.
E' stato inatteso e potentissimo.
Ha subito scatenato un effetto domino che ha prodotto la sospensione di tutti i tornei e campionati statunitensi, dal calcio al baseball, passando per il tennis.
Semmai dovesse esserci fine a questa guerra razziale, il 26 agosto 2020 sarà ricordato come il giorno in cui il cambiamento definitivo ebbe inizio.



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