Ci hai messo in un angolo con il tuo addio

Quanto dispiacere.
Un dispiacere che si somma ora dopo ora da quando ci hai lasciati ieri pomeriggio, caro Diego.
La notizia ha scioccato tutti ma forse, li per li, abbiamo sottovalutato la potenza del tuo addio. Era tutto sommato, una notizia che sapevamo sarebbe arrivata prima o poi. Daltronde eri stato tutto e il contrario di tutto nella tua straordinaria coerenza. I tuoi eccessi e i tuoi difetti ti avevano portato a spingere il tuo fisico molto oltre, troppo oltre.
Oggi, a 24 ore di distanza, percepiamo l'epocale distacco che la tua morte ci porta in dote.
Un distacco da un mondo che fu ed un mondo che è. Oggi realizziamo che eri tu l'ultimo anello di congiunzione tra il vecchio ed il nuovo mondo.
Ci diranno che è la fine di un'era ma questo, francamente sarebbe riduttivo.
Il mondo che tu rappresentavi era analogico e non digitale eppure l'eco delle tue gesta è arrivato ovunque nel mondo. Nelle sabbie del deserto del Sahara e sulle onde dei surfisti neozelandesi.
Tu eri l'emblema della rivoluzione.
Un Masaniello venuto da lontano che era riuscito ad essere per Napoli quello che nessun altro era riuscito ad essere prima d'ora.
Un rivoluzionario vincente.
2 scudetti e una coppa Uefa. Vittorie che mai erano arrivate e mai più sarebbero arrivate nella terra delle contraddizioni dimenticata dalla dea bendata, dai governi, dai potenti, dalle banche.
Sei arrivato tu e quel popolo, almeno per 90 minuti, dimenticava i suoi problemi, le discriminazioni, le fatiche dell'essere napoletani e dunque scansafatiche, scanzonati, farfalloni e delinquenti.
Quel tuo piede sinistro ha incantato generazioni e persino chi non è stato tuo contemporaneo sa chi sei e piange, piange perchè ha perso un punto fisso nei racconti di nonne, zii, padri e fratelli. Racconti che parlavano di riscatto e di gioia, di feste e di orgoglio. L'orgoglio di un popolo intero, salito, grazie a te, sul tetto d'Italia.
Per 6 anni Napoli ha contato qualcosa.
Grazie a te.
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Il mondo dei più deboli si è sentito più forte.
Dalle Alpi alle Piramidi, dal Manzanarre al Reno, quella maglia numero 10 ha rappresentato per tutti la stessa cosa, in mille modi diversi.
Genio, fantasia, forza di volontà, gioia, sentimento, passione, amore.
Ad ognuno la sua sfumatura, ad ognuno la sua appartenenza col proprio vissuto.
E queste parole libere, senza freno, senza un nesso logico, sono un elogio a te, al tuo delizioso caos, un caos senza il quale rischiamo di perderci nella routine di giorni tutti uguali, di campioni tutti uguali, di personaggi tutti uguali, come i giorni della pandemia, della quarantena, giorni pieni di omogeneità e troppo uguali a se stessi.
Il contrario di te, campione eterno che ha fatto della diversità, della libertà, del dinamismo e della bellezza, la sua cifra identitaria.
Ecco perchè perdere te significa perdere molto altro.
Ecco perchè ogni ora che passa la dimensione della tua scomparsa assume connotati sempre più tristi e dimensioni sempre più grandi.
Come te, il più grande giocatore della storia del calcio, il più grande creatore di emozioni dell'ultimo secolo ed il più grande simbolo di un tempo che fu e che adesso svanirà, davanti ai nostri occhi tristi.

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