Lo scudetto cancellato

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La squadra dei Vigili del Fuoco La Spezia, Immagine di pubblico dominio

Quello che potrà accadere a livello sportivo in Italia nel prossimo futuro, nel periodo di emergenza dovuto al Coronavirus, è un qualcosa di assolutamente incerto e impronosticabile.
Lo sport è stato saggiamente sospeso fino al 3 Aprile, in attesa di un tanto auspicabile miglioramento del quadro generale, e al momento non vi è alcuna certezza che i vari campionati possano riprendere, nè è dato sapere, in assenza di una ripresa, quali decisioni verrano prese dagli organi direttivi.

Se le circostanze non dovessero permettere un ritorno alla normalità, cosa accadrà ad esempio in Serie A? La Juventus verrà proclamata campione d'Italia, come veniva paventato qualche settimana fa, in quanto in testa alla classifica nell'ultima giornata completata per intero, o più saggiamente il torneo verrà dichiarato non terminato e di conseguenza lo scudetto non assegnato?

Ogni scenario al momento appare plausibile, dato che in periodo di forte emergenza più alte priorità hanno logicamente la precedenza.
Nel caso in cui questo scudetto non venisse assegnato a nessuna delle partecipanti, dichiarando la nullità del campionato, la stagione si rivelerebbe in qualche modo analoga a quella improvvisata del periodo di guerra, nell'anno 1944.

Il regime fascista, arroccato nell'ultimo periodo della sua esistenza nella Repubblica Sociale controllata dai nazisti, istituì infatti un torneo propagandistico, denominato inizialmente Divisione Nazionale, che avrebbe dovuto assegnare, nelle intenzioni iniziali, il titolo di campione d'Italia per l'anno 1944.

A partecipare alle fasi finali furono esclusivamente squadre delle regioni comprese tra il nord Italia e la Toscana, in quanto le formazioni del gruppo di qualificazione di Roma e del centro furono escluse in seguito alla presa della capitale da parte degli alleati; inoltre, per ottenere una dispensa dagli obblighi militari dei propri calciatori, alcune compagini furono costrette a cambiare la propria denominazione e diventare costole a tutti gli effetti di aziende belliche o di corpi militari, come il Fiat Torino, la Juventus Cisitalia, il Novara Istituto Geografico De Agostini e i Vigili del Fuoco La Spezia.

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Vittorio Pozzo, allenatore del Torino, Immagine di pubblico dominio

Altri calciatori famosi, impossibilitati per via della guerra a tornare al sud nelle proprie squadre di appartenenza, furono ingaggiati dalle formazioni settentrionali, rinforzandole e rendendole decisamente più competitive, come ad esempio il bomber laziale Silvio Piola, accasatosi al Torino.
Le dodici società qualificate dai gironi regionali per le semifinali furono suddivise in tre gironi da quattro, al termine dei quali la vincitrice di ogni gruppo avrebbe partecipato al torneo finale che avrebbe assegnato lo scudetto.

Nel raggruppamento A, nel quale furono inserite le squadre provenienti da Piemonte e Lombardia, a spuntarla di un punto sui cugini bianconeri fu il Torino, allenato dal mitico Vittorio Pozzo, anche grazie ai presunti condizionamenti arbitrali avvenuti nella partita tra Ambrosiana Inter e Juventus, con i bianconeri che si videro annullare tre reti ed espellere tre uomini, mentre le altre finaliste Venezia e VV.FF. La Spezia raggiunsero la finale con molto meno pathos (in particolar modo i liguri beneficiarono dell'impossibilità della Lucchese di disputare l'incontro finale, venendo automaticamente catapultati nel girone finale).

Si arrivò così alla disputa del triangolare decisivo, con tutte le partite programmate in campo neutro all'Arena di Milano, che si rivelerà semideserta per via del timore di rastrellamenti dei nazisti; nel primo incontro Spezia e Venezia pareggiarono per 1-1, ma una settimana più tardi i liguri si imposero 2-1 sul Torino, che nonostante l'impegno decisivo per il campionato fu costretto dal regime fascista a partecipare pochi giorni prima ad un'inutile amichevole a Trieste, che spossò inevitabilmente i calciatori.

L'ultimo match, vinto dai granata per 5-2 sul Venezia, consegnò di fatto quello che tutte le riviste e quotidiani sportivi dell'epoca, come la Gazzetta dello Sport o il Guerin Sportivo, chiamarono "scudetto", alla formazione dei Vigili del Fuoco La Spezia.

La situazione generale del torneo fu naturalmente condizionata in modo pesante dagli avvenimenti bellici: spesso le squadre furono costrette a compiere lunghi viaggi su mezzi di fortuna per raggiungere le destinazioni dei propri incontri, tanto che le cronache dell'epoca narrano addirittura di spostamenti in bicicletta o, in alcuni casi, persino a piedi (lo Spezia si presentò al primo incontro del torneo finale di Milano con le divise bruciacchiate per via di un viaggio, sotto il diluvio, compiuto a bordo di un furgonato aperto, con conseguente tentativo di asciugarle sul fuoco); inoltre, durante le partite, non era raro doversi fermare per via degli allarmi aerei, con i giocatori pronti a riprendere non appena gli stessi fossero cessati.

Il carattere pressochè eroico di quei protagonisti e di quel campionato tuttavia non influirono sulla decisione della RSI, che contrariamente a quanto inizialmente programmato, non riconobbe come ufficiale il torneo appena dopo la sua conclusione, scelta a maggior ragione confermata dal Regno d'Italia in seguito, nell'atto di annullamento di ogni decisione presa all'interno della Repubblica Sociale.

La FIGC, dopo alcuni decenni di pressioni dell'ambiente spezzino, ha tuttavia finalmente riconosciuto nel 2002 il titolo conquistato dai Vigili del fuoco La Spezia, e pur non assegnando carattere di ufficialità (e relativo titolo di Campione d'Italia) a quel torneo, ha deciso di premiare con un titolo onorifico il club ligure, concedendo una patch da poter attaccare alle divise ufficiali di gioco, che la formazione, attualmente in Serie B, sfoggia tutt'ora in tutti i propri incontri ufficiali.



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